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Sabato 23 giugno 2012 RICORRENZE San Giovanni: l'acqua, il fuoco, il Santo e il solstizio d'estate

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Sabato 23 giugno 2012

RICORRENZE

San Giovanni: l'acqua, il fuoco, il Santo e il solstizio d'estate

L'ACQUA: raccolta di erbe odorose e fiori per ottenere l'acqua odorosa.

I FUOCHI E I SALTI: al calar del buio verranno accesi i fuochi, fulcro della festa come accadeva sino a pochi lustri fa, quando, sulle colline e monti d'Europa e quindi anche da noi, a centinaia illuminavano l'arrivo dell'estate: è bene augurale saltarvi sopra avendo ben chiare le cose che vorremmo veder cambiare nella nostra vita.

IL CIBO: rigorosamente senza carne, verrà portato da ogni partecipante, quale segno di ammissione alla festa, con particolare apprezzamento per le ricette originali.

LA VEGLIA: attorno al fuoco si racconteranno storie, memorie, leggende e quant'altro riguardante la "notte di mezza estate".

LE MAGIE: saranno quelle dei falò (forse quelle dei vostri sogni).

IL GUANCIALE: sotto di esso vanno messe “le erbe di San Giovanni” legate in mazzetto in numero di nove, compreso l’iperico, per avere dei sogni premonitori.

LA PROSPERITÀ: a mezzanotte si deve cogliere un ramo di felce e tenerlo a casa per aumentare i propri guadagni, così come durante il giorno di San Giovanni se si compera un aglio si avrà un anno prospero.

LA DANZA: a volte la notte, con o senza strumenti, invitava al ballo sublimando l'ora e la stanchezza.

IL CAPODANNO: per i grandi alchimisti, i Templari, l'anno iniziava nel giorno di San Giovanni.

IL BATTESIMO: alla fine della festa con l'acqua odorosa.

LE STREGHE: saranno presenti alla veglia.

B U O N  S O L S T I Z I O !

E aspettando la festa, una bellissima poesia di Giovanni Pascoli:

SAN GIOVANNI *

Col manipello delle spighe in capo

torna la schiava. Tra i capelli neri

ha paglie e reste e foglie di rosette

che paion ali rosse di farfalle.

“Va' Flor d' uliva, va' con le mie figlie,

monta sul pero, monta sul ciriegio.

Domani viane San Zuanne e vuole

le prime pere e l' ultime ciriege.

Le porterete in piazza di Bologna

coperte con le pampane di vite”.

“Va', Flor d' uliva, va' con le mie nuore,

cava nell' orto l' aglio e le cipolle.

Per San Zuanne chi non compra l' aglio,

per tutto l' anno non arà guadagno.

Prendi la maggiorana e petroselli,

la camomilla e spighe di lavanda”.

“Va', Flor d' uliva, va' con la cognata

per medesìne e benedizioni:

foglie di nose e fiori di pilatro,

vesiche d' olmo e fiori di sambuco.

Nell' acquastrino prendi le ramelle

del salcio d' acqua detto l' agnocasto”.

Va Flor d' uliva, torna va ritorna,

ma lieta in cuore, che vedrà domani,

vedrà Bologna e le sue grandi torri;

e canta...E per le spalle a mo' de l' onde

scorrèn le longhe ciocche bionde...

Domani è il Santo delle innamorate.

Siedono su le panche le pulzelle.

Son li amadori a' loro piè col mento

sopra le mani, e i gomiti sull' aia.

Gli occhi guardano, palpitano i cuori:

palpitano le lucciole nel buio.

Parlano e danno in lievi risa acute;

fanno le rane prova di cantare.

Ma Flor d' uliva siede in terra e intreccia

le lunghe reste; ch' ella non ha drudo.

Le code intreccia, e mette, ad ogni volta

data alle code, un capo d' aglio nuovo;

ma gode in cuore, chè vedrà le torri,

che in una torre c' è una caiba, e, dentro,

re Falconello, le catene d' oro,

i ceppi d' oro, anche i cavelli d' oro.

I lunghi pioppi scotono le vette:

son gli aierini (1) che vi fan la danza.

I barbagianni soffiano dai buchi:

son le versiere (2) che ansimano andando.

La guazza cade: è ora di partire.

Partono i drudi, per non far incontri.

Cade la guazza, che fa bene e male.

Rincasan ora le pulzelle; ancora

la schiava è là, sola con li aierini

che si dondolano... Oi bel lusignolo!

Canticchia: torna nel meo broilo!

Non vanno a giro omai che le versiere;

vanno alle case dove è un lor fantino (3);

il lor fantino nato da sette anni

in questa notte, ch' era San Giovanni.

Chiamano all' uscio. Stesi sulle siepi

son fascie e teli, a prendere la guazza;

e li aierini passano soffiando

sui bianchi teli, sulle bianche fascie,

tremanti al soffio. Qua e là nell' aie

muoiono i fuochi crepitando appena.

E' mezzanotte, l' orache al sereno

prende virtù l' erba, la foglia, il fiore,

e l' olio chiuso nelle borse d' olmo,

e il ramo puro, il ramo d' agnocasto.

Ora il tesoro ch' è sotterra, sboccia.

Fiorisce un tratto, e subito si spegne.

Ora si trova l' erba che riluce,

che fa vedere ciò che fu sepolto.

Ora si vede al lume di tre lumi

chi è lo sposo a cui dormire accanto.

Ora nei trebbi (4), incerte del cammino,

sostano un poco insieme le versiere.

A li aierini chiedono la strada,

e li aierini ridono. Ma ecco,

di qua di là, lente tra il sonno e piane,

ton, ton, suonano le campane.

Giovanni Pascoli

* La poesia è tratta dall' opera 'Le canzoni di re Enzio' (1908-1909).

Aierini:spiriti dell' aria; gli angeli restati a mezza via tra il cielo e la terra, entro la quale si inabissarono i ribelli, fugati da Dio.

Versiera: spirito infernale di genere femminile; anche la moglie del diavolo.

Fantino: fanciullo, bambino.

Trebbio: trivio.

 

Organizzatori:  Ineke Lindijer  Carlo Arconi