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Domenica 20 novembre 1988

ETRURIA

San Giovenale - Luni sul Mignone

I resti monumentali più caratteristici sono quelli delle ne­cropoli rupestri con facciate di tombe scavate nel tufo ad imitazione di case e templi, addensate in una fascia di territorio tra Viter­bo e Tarquinia: San Giuliano, Blera, Norchia, Sovana. Lo sviluppo delle necropoli rupestri, iniziatosi già in età arcaica, culmina soprat­tutto negli ultimi secoli della civiltà etrusca.

Esistono tracce di una fioritura più remota di questi centri e di altri numerosi nell' Etruria meridionale interna: come a S. Giovenale e a Luni sul Mignone.

Scavi condotti da archeologi svedesi rivelano piccoli abita­ti risalenti all' età del bronzo, come a S.Giovenale, i quali ebbero una fase di stretti rapporti con il mondo protovillanoviano dei mon­ti della tolfa. Alla stessa età del bronzo e sempre di epoca proto­villanoviana risale una grande costruzione, in parte scavata nel tufo in parte costruita a blocchi, che si trova a Luni sul Mignone. Residenza del sovrano del villaggio, in età storica divenne oggetto di culto continuato fin nel Medioevo con una piccola chiesa.

Intorno sul pianoro, che una volta accoglieva i villaggi etruschi, si trovano le tombe rupestri scavate nel tufo.

Partenza: da piazzale Europa, ore 7.30

Percorso: con auto proprie (o con autobus se il numero dei parteci­panti è elevato) fino a S.Giovenale, poi a piedi lungo il torrente Vesca fino a Limi. Ritorno a S.Giovenale e lungo il tracciato della vecchia ferrovia Cvitavecchia-Capranica.

Difficoltà del percorso:  media.

Quota di partecipazione:  L. 15.000 e comprende viaggio A/R e guida.

Pranzo: al sacco.

Prenotazioni: possibilmente entro il 16 Novembre.

San Giovenale

Il lavoro degli archeologi svedesi ha riportato alla luce un abitato etrusco del periodo arcaico (VII sec. a.C.). L'insediamento occupava un lungo altopiano tufaceo, alla confluenza del Fosso del Pitale nel Torrente Vesca ed era naturalmente fortificato dalle alte pareti, a strapiombo su questi due corsi d'acqua. Con il ritrovamento di fondi di capanne relativi all'Età del Bronzo e all'Età del Ferro, si è potuto stabilire che l'uomo abitava il pianoro di San Giovenale già in epoca preistorica e protostorica, a partire dal XV—XIV secolo a.C. Saggi di scavo sono stati effettuati su tutto il piano e numerose tombe sono state scavate nelle vaste necropoli circostanti; quasi tutto è stato, dopo accurati rilievi, ricoperto e soltanto due aree, una ad est e l'altra ad ovest del castello, data la loro importanza per lo studio dell' urbanistica etrusca del periodo arcaico, sono state lasciate aperte e protette da due capannoni.

Per visitare l'acropoli, si deve seguire la strada che, a destra, costeggia la recinzione e sale verso il castello medioevale. Arrivati sotto il muro orientale di questo maniero, a sinistra, è possibile entrare nella recinzione ed arrivare al grande capannone che protegge la parte dell'abitato etrusco meglio conservata. Dall'alto di una passerella, appositamente costruita, si ha una visione completa delle piante delle case, dei pozzi, dei focolari e delle mura perimetrali delle abitazioni, che si conservano ancora per alcuni filari di grossi conci di tufo, senza malta. Nella zona circostante, fuori dal capannone, sono visibili in superficie, resti di altre case, pozzi, pestarole, il tracciato di una strada antica con solchi delle ruote dei carri ed altre modifiche del banco tufaceo, testimoni della vastità dell'abitato che investiva tutto il piano di San Giovenale. Il castella dei Di Vico (XIII secolo) sbarra l'accesso alla parte occidentale dell'acropoli; le sue mura, come si può facilmente osservare, spiccano direttamente dalla preesistente fortificazione etrusca. Poco distante dal castello, ad ovest, la rovina della piccola Chiesa di San Giovenale, emerge dalla campagna; sparse qua e là si vedono altre strutture murarie databili, come la chiesa, tra il XIII e il XIV secolo. Queste sono le ultime testimonianze della presenza umana in San Giovenale; questo insediamento, di origine preistorica, è inspiegabilmente morto circa sei secoli or sono e non è più risorto, allo stesso modo di altre antiche città vicine: Luni sul Mignone, San Giuliano, Mionterano e Norchia.

Un fossato, largo circa quattro metri, scavato probabilmente a scopo difensiva, taglia l'acropoli, a 150 metri dal muro occidentale del castello. Ancora più ad ovest si trova l'altro capannone protettivo, più piccolo del primo ma di grande importanza per le strutture delle case etrusche, i pozzi e altre opere urbane che si trovano sotto di esso. L'ambiente più interno della casa che si trova davanti al cancello di ingresso, presenta un vespaio, costituito di ciottoli calcarei di origine fluviale, a forma di "U" : si tratta del "triclinium" che siamo abituati a veder riprodotto nell'architettura funeraria etrusca. Per raggiungere la punta estrema dell'acropoli, bisogna procedere verso ovest; qui sono visibili tracce di fortificazioni con grandi blocchi di tufo messi in opera senza malta. Da questo punto, la vallata del Vesca offre un indimenticabile spettacolo naturale.

Dopo l'acropoli, è opportuno visitare almeno una parte delle vaste necropoli che circondano San Giovenale.

Proprio di fronte al primo capannone, verso nord, si trova la necropoli del Porzarago dove, tra i tumuli etruschi, dono state rinvenute tombe a pozzetto, contenenti la tipica urna cineraria biconica villanoviana. Notevole è la tomba "P.IX", detta anche "della Regina", costituita da uno stretto dromos e da due camere, messe in comunicazione da una porta e due finestrelle. Nella prima camera, a sinistra, c'è un letto che presenta alle estremità due triangoli (timpani) ricavati nel tufo: si tratta di un letto femminile, fatto a forma di madia. L'altra sepoltura della prima camera è maschile, mentre nella seconda camera i letti sono tre, disposti a "triclinium" e quello addossato alla parete di fondo presenta i timpani secondo la foggia femminile.

La necropoli orientale è separata dal primo capannone dalla strada che scende verso la vallata del Vesca. Vi si accede passando attraverso una piazzetta sepolcrale sulla quale si aprono sei tombe, quattro a destra del sentiero e due a sinistra che meritano di essere visitate per la loro architettura interna. Oltre questa piazzetta sepolcrale, sul piano, numerose sono le tombe di tipo arcaico con volta ad ogiva, aperta in alto e coperta con grossi blocchi di tufo. Tutto il piano, detto "Le Grotticelle", è stato, per decenni, battuto dagli scavatori clandestini, fino all' esaurimento delle tombe.

Luni sul Mignone

L'acropoli di Luni sul Mignone è circondata da tre corsi d'acqua: il Mignone, confine naturale tra le province di Viterbo e Roma, che scorre ad ovest, il Vesca, che confluisce nel Mignone proprio sotto l'acropoli, a sud e il Canino a nord. A settentrione, oltre la vecchia ferrovia, sono le Macchie di Blera mentre le Montagne della Tolfa, coperte di boschi, si stagliano nel cielo, a mezzogiorno. Appena saliti sul piano dell'antica città, si incontra la poderosa muratura del castello che fortificava la punta orientale. Sui bordi dell'acropoli, a tratti, sono ancora visibili le mura della città etrusca. A distanza di circa un ventennio, la vegetazione ha, quasi ovunque, ricoperto le aree di scavo e rende complicata, al visitatore, la loro ricerca. La chiesa medioevale, ubicata a circa cento metri ad ovest del castello, attualmente è ricoperta da un enorme ed intricato cespuglio di rovi ed arbusti.. A nord della chiesa c'è una casa etrusca, prossima all'antica strada che scende al Fosso Canino. Una parte dell'insediamento della Età del Ferro si trova poco più avanti, sul ciglio della rupe settentrionale; segue un altro tratto di mura perimetrali etrusche, molto ben conservato. Tra due fossati, che tagliano trasversalmente l'acropoli al centro, si trova l'insediamento appenninico, formato da tre lunghe case rettangolari. La cultura Appenninica si è sviluppata durante l'Età del Bronzo (XV—XI sec. a.C.) nell'Italia Centrale ed è caratterizzata da un tipo di economia pastorale, legata alle transumanze. Nei pressi dell'estremità occidentale di Luni, oltre una strada antica, c'è una costruzione eccezionale: la grande capanna dell'Età del Ferro, monumento destinato probabilmente al culto, costituita da un'enorme fossa larga m. 9, lunga 18 e profonda 6, veramente unico nel suo genere.

Una chiesa cristiana, parzialmente scavata nella roccia, occupa la parte meridionale di questa costruzione. Alcune tombe cristiane a fossa sona disseminate nei dintorni della chiesa. Prima che i lavori della ferrovia tagliassero la stretta lingua di roccia che univa Luni a Monte Fortino, le due località erano messe in comunicazione da una strada antica.

A questa punto é utile fornire alcune notizie sui lavori svolti dall'Istituto Svedese di Studi Classici in Roma, durante quattro campagne di scavo della durata di sei settimane ciascuna.

Nella prima campagna (I960) furono aperte trincee esplorative sull'acropoli, fu scoperta la cinta muraria etrusca, fu scoperto l'abitato preistorico di Monte Fornicchio e scavate alcune tombe etrusche arcaiche nelle vicine necropoli di Ponton Spaderna e Pianarola, oltre il Vesca.

Nella seconda campagna (1961) fu presa in esame il castello che si trova sull'estremità orientale e fu scoperta la prima casa appenninica, al centro dell'acropoli.

Durante la terza campagna (1962) furono scoperte le altre due case appenniniche e vennero alla luce alcuni frammenti di ceramica micenea, importantissimi per stabilire rapporti cronologici tra le civiltà egee e quelle del Mediterraneo.

Nella campagna conclusiva (1963) furono trovati altri frammenti micenei, fu svuotata la grande capanna dell'Età del Ferro, lo scavo di alcune trincee in località Tre Erici diede una interessantissima stratigrafia dal neolitico all'Età del Ferro, fu scavata la casa etrusca a nord dell'acropoli e presa in esame la Tomba delle Cariatidi a Monte Fortino.

Organizzatori:  Gi(ov)anni Sommei  Adriano Bartoli  Fabrizio Pottini  Lamberto Bottini  Massimo Cucinelli