Grandi estinzioni: il clima non c'entra, fu colpa dell'uomo

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Grandi estinzioni: il clima non c'entra, fu colpa dell'uomo

(articolo di Silvio Oddone pubblicato il 10.6.2001 da L'Unità - SCIENZA)

 

Altro che clima, il peggio che possa capitare a un Pianeta è incontrare quell’animale chiamato uomo. Lo dicono due studi pubblicati questa settimana dalla rivista Science. Dai quali emerge, senza troppi dubbi, che dove è passato lui, l’uomo appunto, si sono verificate autentiche estinzioni di massa. Come quella che pose fine ai giganti dell’ultima glaciazione, mastodonti e mammut, come pure quella che devastò l’Australia diecimila anni prima.

Elaborando un complicato modello al computer, John Alroy, biologo evoluzionista della Università della California a Santa Barbara, è riuscito a simulare le dinamiche che regolavano gli equilibri ecologici del Nord America al tempo del Pleistocene, in particolare per quel che riguarda la popolazione di 41 tipi di mammiferi erbivori prima e dopo l’arrivo dell’uomo, giunto da quelle parti 13.400 anni fa, si pensa approfittando di un "ponte" di ghiaccio di un paio di chilometri che si era formato fra l’Asia e la parte settentrionale del continente americano.

A farne le spese sarebbero stati soprattutto gli animali più grandi, mastodonti e mammut, a causa del lungo periodo di gestazione e del basso tasso di riproduzione.

Uno studio condotto alla Università di Melbourne dal naturalista Richard Roberts ha invece chiarito che una grande estinzione di massa di animali che un tempo vivevano in quelle regioni (marsupiali e grossi uccelli incapaci di volare) avvenne 46.000 anni fa, poco dopo la comparsa degli antenati degli attuali aborigeni. Nella lista degli animali estinti figurano canguri di circa tre metri probabilmente carnivori, un predatore aggressivo noto come il "leone col marsupio" (Thylacoleo), un uccello di 100 chili, il Genyornis, che pur non potendo volare viene considerato il più grande "volatile" mai esistito e una lucertola carnivora, la Megalania, che dalla testa alla coda raggiungeva la bellezza di otto metri.

I nuovi studi pongono fine a un dibattito che andava avanti da molti anni circa le cause che avrebbero provocato simili estinzioni. Se da una parte l’imputato numero uno era il clima, è dal 1967 che si guarda con sospetto all’uomo, da quando cioè Paul Martin dell’Università dell’Arizona avanzò l’ipotesi che sarebbero stati i nostri antenati, con le loro prime armi, a decimare animali che non avevano mai avuto "il piacere" di incontrare l’uomo prima di allora.

A rendere consistente l’ipotesi "umana" dell’estinzione è il confronto fra i due studi. Le ricerche, infatti, mostrano come estinzioni di massa molto lontane tra loro sia in termini di tempo (decine di migliaia di anni)che di spazio (America e Australia) hanno lo stesso comune denominatore: la comparsa dell’uomo.

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